Le Piramidi… rock di Luciano Panama

Le Piramidi... rock di Luciano PanamaPrima prova da solista per Luciano Panama, voce e leader degli Entourage, che dopo anni di silenzio torna sulle scene a suo nome e produce otto tracce di sano rock in italiano diretto, sanguigno e senza fronzoli. Otto “canzoni astronave”. Otto canzoni d’amore, destino e morte. Otto canzoni che arrivano dirette dal cuore. “Piramidi” è uscito il 20 ottobre 2017 per La Dura Madre Dischi.

Scritto, suonato, registrato e prodotto interamente da Luciano Panama nel suo studio in Sicilia, il disco è frutto di una lavoro durato circa due anni. Un album sincero in cui anche il suono e il missaggio sono stati trattati il minimo sufficiente, per dare spazio alla registrazione in presa diretta, all’autenticità, alla libertà, al “momento”. Batteria, basso, voce, chitarre, synth, organi, piano, percussioni, elettronica, effetti e suoni vari… tutto opera dell’artista messinese, fatta eccezione per le partecipazioni di due ottimi musicisti: Giovanni Alibrandi al violino in “L’osservatore”, “Come aria” e “Messina guerra e amore” e Matteo Frisenna alla tromba in “Hey My (all’improvviso)”.

Un disco libero, diretto e sincero. Non vincolato da scelte di genere o da stilemi da seguire, ma ben più incentrato sui contenuti da veicolare e sulla genuinità nel farlo. La base di partenza è ovviamente l’universo rock (italiano ma anche anglosassone) soprattutto di matrice nineties, ma da lì si parte poi spaziare verso lidi blues, funk, indie, pop o propri della canzone d’autore italiana. Anche dal punto di vista del suono il tutto è stato gestito da Panama in maniera personale e senza trucchi, quasi tutto frutto della registrazione in presa diretta… insomma buona la prima!

Chi è Luciano Panama?
Luciano Panama (16 Febbraio 1980), musicista e autore, inizia a studiare da autodidatta sin da giovane età chitarra, basso e pianoforte, appassionandosi da subito al rock anglosassone e ai cantautori italiani. Nel ’93 i primi giradischi e un periodo da dj. Nel ’95 il primo registratore e le prime “canzoni”. Nel ’98 la sua prima batteria e la totale immersione nel mondo del rock. Nel 2000, dopo diverse esperienze, crea “Entourage”, compone testi e musica ed inizia a cantare. Nel 2003 la prima demo con cui la band partecipa e vince il Jestrai Rock. Nel 2006 arriva “Enter In Our Age”, primo mini-album che gli fa vincere Arezzo Wave Sicilia. Da autodidatta studia anche ingegneria del suono e produzioni musicali e crea così il suo YouthStudio. Nel 2010 esce “Prisma”, primo vero album della band che ottiene buone recensioni dalla critica e porta gli Entourage a suonare in tutta Italia. Nel 2012 arrivano i due Ep “Yoga” (lavoro premiato da Radio Basse Frequenze Torino come “miglior album a basse frequenze 2012″) e “Supercar” (di cui la band realizza un videoclip con la tecnica del Green-Screen, premiato come “video of the week” su NME.com).A novembre del 2013 esce “Vivendo Colore”, album di 11 tracce, mixato e prodotto dallo stesso Panama presso lo YouthStudio. Nel 2015 inizia un nuovo progetto solista che lo vede già impegnato con dei live con voce chitarra e piano, e in studio per la registrazione di nuove canzoni.

TRACKLIST

Le Piramidi... rock di Luciano Panama1. Le ossa
2. Man
3. L’osservatore
4. Ti solleverò
5. Come aria
6. Gente del presente
7. Hey My (all’improvviso)
8. Messina guerra e amore

CREDITS
Scritto suonato registrato e prodotto da Luciano Panama presso LAKE Studio lago Piccolo Messina

Luciano Panama: voce, chitarra, pianoforte, batteria, basso, percussioni, effetti, synth, organi, noise,
Hanno partecipato:
Giovanni Alibrandi violino traccia 3, 5 e 8
Matteo Frisenna tromba traccia 7
Pubblicato da La Dura Madre Dischi, 2017

Ecco la descrizione del disco, traccia per traccia, raccontata dallo stesso artista.

1) Le ossa: Ripartenza. Necessità. Percorso.
Brano che fa da apripista al disco. Le Ossa: elastiche, resistenti, in continuo rinnovamento, punto di forza, primo impatto nella fisiognomica di un corpo umano, in questo caso del mio nuovo album! Un pezzo rock viscerale ed energico che riprende la forma canzone ma la rielabora, con un testo ed una melodia di voce da cantare a squarciagola. Dentro c’è la voglia di credere in se stessi … in qualcosa di buono. Energia positiva.

“…una storia che diventa una canzone … proviene dal mio ventre, la cassa armonica di casa mia …”

2) Man: Poesia. Musica. Anarchia.
Secondo brano in scaletta dell’album, si apre con la voce di Gaber che ironizza sul suo essere/non essere anarchico. Scritto al pianoforte, mi ha dato sin da subito l’impressione che potesse raggiungere un pubblico più vasto, per la melodia e le sonorità che mi ricordano il rock anni ‘70 e ’90, in particolare i Beatles e i Led Zeppelin (quest’ultimi nell’interpretazione della batteria). In alcuni momenti del brano compare un “ye ee ye“  che richiama i cori di Cobain, ma il pianoforte riconduce alla canzone della tradizione italiana, Ciampi, Modugno, Tenco, De Andre’, Dalla, Fossati ed altri …

“Riuscirò ad essere un uomo che colora la tua città”

3) L’osservatore: Riflessione. Cambiamento. Miglioramento.
Una breve introduzione divertente, dove ho usato anche l’armonica a bocca, e si parte! Attacco deciso con chitarra basso batteria e violino. Ci sento un po’ di funky nel groove generale del pezzo, che si sviluppa più o meno con una struttura classica di canzone, e si conclude con un bell’assolo finale di violino di ispirazione classica che, suonato con distorsore ed altri effetti, enfatizza il momento spingendo la canzone al suo apice. Il pezzo si conclude con un esperimento di voci che si mescolano ed alternano in successione per un finale dal sapore corale.

“Parlo di noi adesso e ci credi o no è lo stesso, quello che conta non mente”

4) Ti solleverò: Forza interiore. Onestà. Coraggio.
“Io che canto le canzoni delle stelle, di questa casa, di questa strada”. Brano numero 4 dell’album introduce alla seconda parte del disco. Un intro con chitarra acustica conduce verso un’atmosfera blues di stampo Jesus Lizard e dintorni. A seguire voce, basso e batteria completano questa prima parte. Poi arriva l’apertura con le chitarre distorte che si pongono in primo piano insieme alla batteria, che alterna ritmo e pause in levare, imprimendo una maggiore forza espressiva al brano. Focosa la pasta sonora di tutto il pezzo, mantiene la tensione giusta per tutta la sua durata! Nella seconda parte un assolo di voce e sembra che a tratti compaia Mark Lanegan, ma che canta nell’ottava superiore. Il finale con basso e batteria che suonano molto decisi… e il blues riparte!

“Io che scrivo tutto sulla pelle”

5) Come Aria: Incontro. Emozione. Trasformazione.
Di questo brano vi parlo attraverso un “estratto” del suo testo. Quando ascolterete l’arrangiamento sentirete l’aria scorrere sulla punta del vostro naso! “… Tu sarai la mia più grande invenzione! Come aria che si respira al tramonto Come aria che si trasforma nel tempo Come aria delicata soffice piacevole …”

6) Gente del presente: Possibilità. Volontà. Fare.
Arriva nel momento in cui il disco sembra si calmi un attimo. Scritto suonando il piano rhodes qualche anno fa, è il brano che ho deciso di produrre in modo del tutto diverso dagli altri. Il testo è venuto fuori per via del suono del piano, che ha trasportato la mia voce verso quelle parole e quella melodia. L’atmosfera è quella fumosa dei club blues e di certe sonorità post-rock, l’interpretazione della batteria vira proprio verso quel sound, e il piano rhodes insieme all’armonizzazione del basso dettano i ritmi. Il suono e l’idea di arrangiamento di basso mi ricordano Gianni Maroccolo. Mi sono davvero divertito a creare ed incidere questa parte! L’organo, abbastanza distorto e con qualche effetto per amalgamare al meglio il suono e le note con il resto del brano, arriva nei momenti più vivaci, essenziale ma efficace. Il testo parla di “qualcosa che in futuro sarà possibile”, non so esattamente cosa, ognuno di noi ha i suoi sogni, ma bisogna avere il coraggio di affrontare se stessi per spingersi oltre… Il brano si conclude con una coda di rumori ed effetti che si intrecciano creando un’atmosfera surreale.

“La mia loquacità ed il suo rumore che…”

7) Hey My (all’improvviso): Responsabilità. Istinto di sopravvivenza. Il senso del rock&roll.
Chiaramente collegato al brano “Hey Hey My My”, scritto e registrato da Neil Young nell’album del ’79 Rust Never Sleeps. Ai primi ascolti mi colpì per due motivi: il primo è il testo, che mi ha fatto pensare sin da subito al senso di un percorso, all’arte come ricerca ed espressione di un proprio linguaggio, al rock e all’onestà intellettuale; il secondo è l’interpretazione, cioè l’idea di incidere due versioni, una più acustica ed intima mentre l’altra più elettrica e distorta.  Questo brano mi ha spinto inoltre ad approfondire la storia del passaggio da Elvis a Rotten, la continuità filosofica e spirituale tra il rock’ n’ roll ed il punk, arrivando alla conclusione che oggi per fare del buon rock and roll o del punk non bisogna né saper ballare il boogie-woogie né farsi la cresta o avere il chiodo e gli anfibi, ma è solo una questione di spirito e filosofia di vita, di libertà da ogni tipo di stereotipo e convenzione.  Il senso del rock and roll sta al centro del significato del mio brano. Il titolo è arrivato dopo aver completato il testo, l’ho scelto solo quando ho capito che Young mi aveva davvero insegnato qualcosa, e non solo attraverso quella canzone. Musicalmente parlando, il riff di chitarra, che apre e caratterizza molto il pezzo, mi ricorda gli anni ’70 e i chitarristi rock blues. Per completare la parte centrale del pezzo canticchiavo un motivetto con la voce, sentivo che lì mancava qualcosa, da qui l’idea di inserire uno strumento a fiato, ed ecco la scelta della tromba. Il finale rimanda agli anni ’90 ed al post-punk.

“Non mi accontento più di un pezzo rock”

8) Messina guerra e amore: Città. Senno. Evoluzione.
Per questa canzone, che chiude l’album, ho fatto una lunga ricerca su ogni singola parola, mentre l’armonia di base è nata da subito, di getto. Inizialmente era il brano più minimale del disco dal punto di vista armonico e sonoro – ci tenevo a dare più spazio al testo, alle parole – ma poi, lavorandoci, è venuto fuori un bell’arrangiamento con un finale tutto strumentale, ideale per chiudere il pezzo e il disco. Chitarra acustica, voce, violino, contrabbasso, ed un ritmo suonato con pochi pezzi della batteria, registrata solo con tre microfoni per dare più spazio alla stanza che sentivo risuonare bene. La parte testuale non vuole essere né una provocazione né una paternale, no! E’ solo il mio istinto di sopravvivenza. Nient’altro.

“La mia verità che scorre su di te”

VIDEOCLIP

Ad oggi sono stati pubblicati due splendidi video estratti dal disco. Abbiamo scelto di farvi vedere il primo singolo, Le ossa.

Il video è di Andrea Liuzza, il quale così racconta com’è nato e come  stato realizzato:

L’idea per Le ossa mi è venuta guardando la foto di una performance di Marina Abramovic. L’artista è distesa, nuda, con uno scheletro adagiato sul corpo. Mi è parso che il contrasto tra il corpo vivo e la sua struttura ossea, per così dire, messa a nudo, cogliesse un punto viscerale del brano. Questo contrasto l’abbiamo portato in scena prima disponendo la nostra attrice e lo scheletro secondo figurazioni drammatiche colte dalla storia dell’arte, come la Pietà, la Crocifissione, poi trasformandolo in una sorta di danza della vita e della morte. Durante le riprese è anche emersa con forza la presenza magnetica di Luciano, che è diventato il punto catalizzatore di questo triangolo di figure. La cosa provvidenziale però è stata inciampare sull’interruttore delle luci! Si sono spente all’improvviso. Questo ci ha dato l’idea per l’effetto strobo nella seconda metà del video. Spero che queste immagini possano trasmettere almeno in parte tutta la poesia e la forza viscerale di questa splendida canzone.

Raffaella - Redazione MpA

Appassionata di scrittura creativa e musica. Dalla classica alla lirica, dal pop al metal, senza distinzione di genere ma solo lasciandosi trasportare dalle emozioni e dai mondi fantastici in cui solo la musica ti sa trasportare. Da sempre affascinata dal web e dalle grandi potenzialità offerte dalla Rete e dai social network. Nel 2002, complice MUSICApuntoAMICI, ha conosciuto suo marito Domenico. Grazie a quell’incontro si è avvicinata alla scrittura di articoli di musica per il sito dedicandosi in particolare alla musica emergente italiana. Il lavoro le ha fatto cambiare vita e città ma quella visione aperta su chi vuole entrare da protagonista nel mondo della musica e quel progetto nato per creare uno spazio libero per la musica emergente italiana, non l’hanno più abbandonata.

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